1. Sconosciuto sei il benvenuto
- al mio più lontano futuro indirizzo
Un omaggio all’anonimato. Non si può non rimarcare la fermissima coerenza quasi al limite della cristallizzazione.
2. Caro Theo, mi sono indispensabili un paio di scarpe nuove. Gialle
- a Tullio Catalano
Per soddisfare il bisogno di comunicazione, per evitare le approssimazioni di parole magiche bisogna affidarsi alla forza persuasiva dell’azione. Sensibile alla strategia del mai veramente riuscito poggi i piedi sull’immaginazione.
L’immaginazione nel movimento in movimento. Riusciremo dalla-con la dispersione della poesia da questo inscatolato, escatologico groviglio di giullaresche arcimboldesche e-motiv-azioni? Indossando le nuove scarpe gialle non ci sono passi perduti. Passo dopo passo, giallo dopo giallo, disegni un labirinto di andirivieni, in un apparente arbitrario muoversi nella realtà dell’immaginazione. Come la tua migliore opera nuova.
3. C’ero anch’io.
- ai compagni di strada
Lavarsi la faccia è come farsi l’autoritratto quotidiano. L’acqua trasforma la nostra sostanza in un’immaginaria un’anti-icona impressa nella sua memoria fisica.
4. Tutto ciò di cui si tratta mi riguarda
- a Lillo Romeo
Nella memoria storica di chi non se n’è mai lavato le mani, nessuna opera è considerata neutra e nessuna è intesa alla luce del mito dell’artista fedele solo alla sua aspirazione d’eternità.
5. Nello stile cuociono i fantasmi del passato e del futuro
- ai critici di professione
Nessun artista è mai assolutamente libero e nessuna opera s’intende astraendo dai condizionamenti della storia, del mercato e della sua storia. Voi sacerdoti dell’arte della critica fate il miracolo della moltiplicazione del pane e delle icone sempre uguali a se stesse e presentano agli adepti della religione dell’occhio le raccolte di immagini a dispense come fossero l’oggetto sustanziale della realtà. Con l’arma spuntata della critica formale tracciate il disegno di un paesaggio monocromo dove continuamente vi smarrite nel labirinto delle vostre contraddizioni.
6. Piccolo ramo
- a mia madre
Aramu-Piccolo ramo. Un cognome di antica tradizione di indipendenza e non appartenenza. Il mio primo disegno un piccolo ramo. Dedicato a mio nonno un pastore sardo. Nomade Emigrato con la consapevolezza che ogni persona è un carcere.
7. Aram disperde parole
- ai poeti
Prima e ultima condizione è di non farne un mestiere. Affinché tutto vada perduto.
8. Tutto inizia dalla fine
- ai suicidi
Il risultato si ridefinisce nel rovescio della premessa. Un pensiero che non mi ha mai toccato, non avendo mai amato l’ordine, è mettere ordine ad una vita disordinata. La vita è disordine. Ogni strategia si rovesci, sosteniamo la verità della finzione. Il catalogo delle opere e delle omissioni ci resti ignoto.
9. Ti interessa solo la luce?
- al pittore non vedente
Un’affermazione programmatica in una terra di orbi. La luce delle città spegne il cielo. Migliaia di migranti senza nome sono sepolti vivi in un mare senza nome. La messa in scena dell’attualità nella luce celestrina del monitor domestico, imprime un’accelerazione al coinvolgimento di tutti gli spettatori che diventano partecipanti ai funerali nell’ora di cena.
10. Nessun recinto alla memoria
- ai sopravvissuti della shoah, di tutti gli olocausti e genocidi
Gli omaggi floreali d’occasione sono muti. Restano solo i sassi. Come affidavit, porto sempre un sasso in tasca.
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11. Abiura non amo la pittura
- a me stesso
Una dichiarazione che tradisce un amore tradito.
12. Il pittore è un usuraio
- ai pittori sindacalizzati
L’arte è disonorata dal visibile con forme ovvie e personali. Immagini difettose confezionate per compiacere collezionisti di iconografie suggerite dal virtuosismo del mestiere.
Poi ci sono gli altri a costi minori.
13. 1979. Sala d’attesa.
- ancora a me stesso
Un afflato ideale demolì la rigida convenzione del progetto iniziale. Puntualmente, magari molto a posteriori, se ne intuirà l’obbligo sociale. Un’altra prova della politicità del gesto artistico.
14. Poi, alla fine, si vede sempre qualcosa
- a Mario Schifano
Un segno d’amicizia strettamente personale scaturito da lunghi colloqui.
15. En plein air
- a chi va
Nella ricerca del vero con lo sguardo spirituale c’è la certezza di restare all’oscuro. Ciò che resta è una versione gotico-notturna, dominata dalla divisione del lavoro e dalla disuguaglianza.
16. Chi?
- a chi resta
Si può scherzare nel momento del trapasso?
17. Nessuno é autorizzato a stare alla finestra
- a Piccio Careri
Stalker. È meglio andare a Zonzo che restare a casa. Dalla finestra si vede solo uno spettacolo indecente.
18. Ego
- a tutti gli altri
Un nome offende tutti gli altri, traccia confini d’identità da museo, con immotivata ragione. Noi in mezzo a un argine, con la corrente contraria, felici di essere padroni di tutto ciò.
Nulla. Nessun nome.
19. L’effimero è efferato. Il ripetitivo è tragico
- ai pittori dello stesso quadro
Oggi fiamme domani ghiaccio. L’avventura dura solo un giorno lasciando solo il ricordo e se mai la speranza. Gira come una trottola la forza di tenersi lontano da ogni maniera, senza rivelarne il suo segreto.
Arrivati al cancello d’uscita non abbiamo perso il piacere della festa.
20. La macchia di colore ha macchiato la coscienza
- ai formalisti
Dal formalismo alla immobilità assoluta. L’estetica ha cessato di dettare non solo le regole del bello ma anche quelle del gusto. Dove si tracciano i mosaici dei popoli? L’Arte è senza opere. Solo l’azione può redime l’occhio grasso.
21. Dissolvenza del sentire e dissentire
- a Carlo Bracci, medico contro la tortura
In questo mondo di Caino anche l’Arte stessa, nutrita di sentimento più che di realtà è venuta meno. E’ ripugnante l’idea di assistere dalla poltrona del nostro proprio confort assassino, allo spettacolo della tortura.
22. L’Arte non è l’opera d’arte
- a chi non avrà più bisogno di nulla
Finalmente liberati dalle necessità ce la canteremo e ce la suoneremo.
23. Sempre lo stesso mandante
- ancora a Tullio Catalano
L’arma impropria dell’amicizia.
24. La storia continua dopo la pubblicità.
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